AMATI, ODIATI, RIMOSSI. I NOSTRI FILM DI CULTO
__LA PRIMA NOTTE DI QUIETE__ “La prima notte di quiete” (1972) di Valerio Zurlini è un film che appare in vantaggio sul proprio tempo, situandosi prossimo al nostro. In effetti a guardarlo oggi, curiosamente, i difetti evidenti (inverosimiglianza psicologica e situazionale, nichilismo di riporto, prolissità o eccessiva frammentarietà) , che all’uscita non vennero perdonati dalla critica ufficiale (e penso a Miccichè, a Buttafava e piu’ recentemente a Garofalo, che ne sottolinea la presunta deriva trash) sembrano invece essere determinanti nel raggiungimento dell’empatia con lo spettatore. Cosi’il film ottiene il suo risultato piu’ duraturo e meritorionel momento in cui plasma una forma nuova dalle rovine e crea una composizione inedita dalle singole parti viziate. Non sono inedite le passeggiate sulla banchina (Fellini), il maledettismo un po’ maudit del protagonista (un Delon che implodendo la lezione di Visconti, recita per sottrazione), il gruppo di vitelloni (il Bolognini dei Giovani mariti), l’epilogo tragico, quasi un Toby Dammit con sensi di colpa . Ma lo sono invece i raccordi che scansano la centralità delle scene madri in favore dell’inespresso quotidiano e della coazione a ripetere (con lo stesso drink, la stessa discoteca, la stessa partita a carte con possibili var